Black Strat Replica – La prova

MY WONDERFUL BLACK STRAT REPLICA
di Fabio Zaccaria

Eccomi qua.
Dopo circa 6 mesi di prove e diverse sperimentazioni live, sono finalmente pronto per recensire l’ultima splendida new entry all’interno del mio umilissimo gear chitarristico: già Fender Stratocaster Classic Series 50 all’“anagrafe”, diventa magicamente icona di un mito chiamato David Gilmour grazie alle mani di fata di un appassionatissimo esperto e viene ribattezzata in gennaio con quel bellissimo appellativo che per noi floydiani suona come “musica per le orecchie”: Black Strat.
Com’è semplice immaginare, quelle mani appartengono all’ideatore di questo magnifico luogo virtuale: Giampaolo Noto.

black zak | GIAMPAOLO NOTO

Circa un anno fa ho cominciato a navigare sul suo blog perché ero alla ricerca di qualcuno che sapesse indirizzarmi gradualmente verso la scelta giusta visto che da qualche tempo avevo ormai deciso di acquistare una Strato che nei miei 18 anni di percorso musicale avevo ogni tanto suonato ma mai posseduto.
Adorando le atmosfere floydiane sin dagli albori della mia conformazione musicale da adolescente e studiandone il sound da un po’ di anni anche grazie alla mia appartenenza a una Pink cover band, volevo qualcosa che si avvicinasse quanto più possibile allo strumento del mio “muso” ispiratore.
Non ho mai però amato le Signature model uscite dalle case madri; le trovo finte, concettualmente seriali e quindi orribilmente non uniche, né tantomeno originali.

Volevo qualcosa che, invece, si trasformasse in quello strumento, qualcosa che da un modello seriale come mille altri diventasse unico; qualcosa che fosse studiata artigianalmente, come lo è per i veri artisti, perché quando un artista arriva al punto in cui nasce un suo modello signature da una casa madre, vuol dire che dietro quella firma ci sono anni di lavoro e di studio, di sperimentazione, di modifiche e di prove, di smontaggi e ri-montaggi fatti a mano da lui stesso o dai suoi tecnici personali.
E allora pensavo che sarebbe valso di più uno strumento modificato a mano da un esperto appassionato, con alle spalle anni di studio e sperimentazione, che non un modello fatto contemporaneamente insieme a cento altri; perché, seppur un po’ simil-fanatica come idea, in un certo qual modo sarebbe stato fatto apposta per me.
E pensavo anche che avrebbe suonato meglio.

Oltre al costante ascolto e alla sperimentazione, grazie alla rete riuscivo a trovare diversi spunti validi per i miei suoni e per i miei studi incentrati sul tema, ma francamente non pensavo di imbattermi in uno spazio così specializzato sul sound di Gilmour, né tantomeno di entrare in contatto con una persona così incredibilmente competente e ancor più incredibilmente disponibile e cortese come Giampaolo.
Non è una sviolinata (anche perché si parla di chitarre!), è una semplice constatazione dei fatti e soprattutto è un “timbro di garanzia” che mi piace lasciare a tutti quelli che avvicinandosi per le prime volte a questo blog sperano di trovare risposte, spiegazioni e contenuti altamente attendibili.

Io non ho mai suonato, né sentito una Strato Gilmour Signature uscita da Fender, ma una cosa è certa, o perlomeno, io ne sono sicuro: la mia Black Strat suona meglio!
Niente di super eccezionale alla base, Fender Strato Classic Series ’50 Made in Mexico, con manico in acero verniciato e meccaniche vintage, monta al ponte un Seymor Duncan SSL-5, un pickguard nero satin e un micro switch aggiunto vicino al selettore originale per la combinazione fissa del pick-up al manico: classica modifica, quest’ultima, che, come sappiamo, caratterizza principalmente e rende unica la Strato di Gilmour.
L’accuratezza con cui è stata lavorata non lascia dubbi sulla professionalità di colui che ci ha messo mani; a conferma di ciò c’è un piccolo aneddoto-sorpresa per Giampaolo in quanto, lui non lo sa, ma la chitarra è stata visionata a fondo dal mitico Egidio, un simpaticissimo signore residente nel correggese (Reggio Emilia), nonché musicista professionista ultrasessantenne, nonché super tecnico professionista di strumenti musicali, nonché collaboratore negli anni di alcuni liutai, nonché da tutti i musicisti anche molto seri della zona soprannominato “Egidio il liutaio” (se doveste trovarvi in zona e malauguratamente aveste un problema con la vostra chitarra chiedete in giro di lui, qualunque sia il problema ve lo risolve in men che non si dica).
Gliel’ho lasciata qualche giorno perché (ahimé) mi era caduta a terra (grazie Giusy, mon amour, fantastic girlfriend, luce dei miei occhi!!!!) e quando me l’ha riconsegnata, oltre a rassicurarmi sul fatto che la chitarra non aveva subito alcun tipo di danno, si è espresso con queste parole: “Ve’.. – tipica esclamazione emiliana – …chi ci ha messo le mani qui è gente seria eh! Fai i complimenti a questa persona perché la precisione con cui è stato fatto sto lavoro qua di modifica è maniacale… in tanti anni vissuti davanti a centinaia di chitarre non ho mai visto una cosa fatta artigianalmente così bene!”.
Non aggiungo altro a riguardo.

Bene, dopo tutta la parte dedicata alle varie evoluzioni dei fatti, è giunto il momento di rispondere a una domanda che tutti probabilmente si stanno facendo da qualche minuto a questa parte: ma… come suona?

Tranquilli, paradossalmente inizia la parte in cui userò meno parole di tutto il resto e chiuderò la mia recensione.
Quando la prendi in mano, ok, ti puoi sentire anche bello perché sembri vero, ma il bello vero (e non è una figura retorica) viene quando cominci a suonarla; per suonare floydiano, certo, c’è bisogno di infinito ascolto, ricerca e studio del sound, gli effetti e l’amplificazione giusti.
Ma ho scoperto anche che se anche la chitarra è giusta, tutto risulta decisamente più fattibile.
Il suono corposo, caldo, così pieno di sonorità gilmouriane oggi fuoriesce dalle mie dita molto più di quanto lo sembrasse qualche mese fa; le sue regolazioni, se adattate e calibrate in base alle diverse situazioni sonore, lo switch usato al momento giusto, fanno si, non solo che quando sei a casa o in sala prove tu riesci a sentirti più bello all’ascolto, ma soprattutto che, se hai la fortuna di suonare in pubblico quella musica, la gente ti dica: “Cavolo, ma la tua chitarra ha un sound pazzesco… giuro, in quei soli lì e in quei riffettini qui, mi sembrava di ascoltare il disco!”.
E se frasi così le ascolti, non solo da chi ti viene spesso a seguire, ma anche da qualcuno che con la musica dei Pink Floyd ci è cresciuto, allora ciò non ha davvero prezzo…

Per tutto il resto, c’è… Lost in Comfortably Numb.

Shin on!
Fabio Zaccaria

Creamy Solo (Notoall) – La recensione di Luciano

di Luciano Fiume

Se sei un musicista, già sai tutto su questa terribile malattia nota come GAS (Guitar Acquisition Syndrome).
Non è così grave come il tipo di flatulenza, ma quelli di voi che ne soffrono sanno che questa GAS è altrettanto difficile per il portafoglio come l’altro tipo lo è per il naso di altre persone. Infatti, dopo un ennesimo attacco di G.A.S, perchè noi chitarristi dopo ogni acquisto che facciamo, diciamo “giuro che questo è l’ultimo”, ho deciso di acquistare dal maestro Giampalo, il Creamy Solo.

creamy2010 | GIAMPAOLO NOTO

Come nelle altre recensioni sul Creamy, presenti sul blog, non mi resta che confermare pienamente le considerazioni già scritte da altri utenti….

La prova è stata effettuata, con la mia strato Relic 56, con pick up Fat 50 al manico e centrale e SSL 1 al ponte, compressore Cs 2, Tube Driver Chandler-Butler (usato come Booster), Choral-Flange della Fulltone per le modulazioni, Ge7 impostato sui medi e Akay Head Rush 2 (per i delay).
Ampli Hiwatt DG 103 con cassa Hiwatt 4×12 coni Fane.

Al primo impatto resto sbalordito per come il suono, bello, grosso e fluido mi fa ricreare l’assolo di Confortably Numb.
Inizio a smanettare per ricreare e ricercare altre sonorità, ed ecco che magicamente cambiando il booster con il TS 10 arriva dritto dritto il suono di Sorrow.

Dentro di me penso ” pedale cazzuto”.

E’ incredibile la fedeltà al Ram’s Head con cui il maestro ha progettato questo pedale, ma avendo ancora sete di sperimentazioni, voglio provare ad ottenere il sound dell’album The Wall.
Imposto il Choral-Flange come flanger, altri piccoli accorgimenti, ed ecco che, udite udite, viene fuori il sound di quel periodo.
Finalmente riproduco Mother, Young Lust, etc etc.

Sono il primo ad affermare che i cloni di Gilmor ce ne sono a milioni, ma non sarò l’ultimo a dire che il suono è dentro di noi, nelle nostre teste, nel nostro animo e quindi quando dico di aver ottenuto quel suono, non sto insinuando di essere il clone di Mr.Gilmour, ma di avere una base di pedali che ti permetta di avvicinarti il più possibile al suo sound.
E’ questo lo si può ottenere solo con pedali di qualità e specifici… e ritengo che finalmente il Creamy Solo, sia il pedale più fedele al Ram’s Head che abbia mai sentito e provato.

Devo aggiungere che in qualsiasi modo lo si suona, con altri pedali e non, come lo si regola, il risultato è sempre sorprendente e molto versatile per l’utilizzo in altri generi.

Personalmente non mi resta che fare i più sinceri complimenti a Giampaolo per il Creamy Solo, per il modo in cui produce realtà quello che per noi sono sogni o a volta incubi (libera interpretazione).

Ciao
Luciano Fiume

Questa la catena effetti utilizzata:

Wha Wha Dunlop > Fuchs Royal Plush Compressor > Boss CS 2 > Tube Driver Chandler – Butler > Ibanez TS-10 > Pro Co Rat 2 > Cramy Solo (notoall) > Big Muff Sovtek Green > Boss Ge 7 (medi) > Boss Ge 7 (Bass + Treble) > Pedal Volume Ernie Ball > Boss Tu 2 > MXR Phase 90 > Fulltone Choralflange > Tc Electronics Nova Delay > Akay Head Rush 2 > EH Holy Grail Plus