GURUS Echosex 2° T7E model

Nel 2014 ho avuto il piacere di poter dare il mio contributo allo sviluppo del progetto Echosex di Gurus Amps e da allora è nata una piacevole collaborazione ed amicizia con questo marchio.

Così, vista la prossima uscita del nuovo Echosex 2° T7E Model, gli amici di Gurus Amps – in particolare Chicco Bellini, che ringrazio – ci hanno voluto fare un regalo inviandomi, in assoluta anteprima, la foto del prototipo finito. (grezzo, senza verniciatura definitiva che sarà color oro).

IMG 0829 | GIAMPAOLO NOTO

Vediamo quindi nello specifico una breve presentazione del progetto ed alcune info tecniche, prese direttamente dal Press Kit e dal manuale d’uso.

T7E intestazione | GIAMPAOLO NOTO

L’Echosex 2° T7E Model non è una semplice “Riedizione” del vecchio Echo Italiano.. ma anche un “Upgrade” se possibile, pensando a quali erano le problematiche note di quell’oggetto, e anche le differenti necessità del musicista moderno.

Fin dall’inizio la progettazione ha avuto lo scopo di raggiungere due importanti risultati:
– Realizzare una valida alternativa all’acquisto di un vero vecchio esemplare, costosissimo, inaffidabile e molto raro.
– Realizzare un oggetto che mantenesse le caratteristiche di musicalità e stimolo creativo del vecchio Echo Italiano.

I principi fondamentali alla base di questo progetto sono:

1) Nessuna parte meccanica in movimento, assoluta affidabilità e nessuna manutenzione necessaria.
2) Qualità audio elevata del preamp Gurus con risposta in frequenza da 7Hz. a 161000Hz. @1db.
3) Controllo “Motor Speed Adj.” con cui è possibile estendere il tempo di delay generale della macchina fino a 740ms, mantenendo in sincrono le combinazioni delle testine.

Senza parti meccaniche in movimento, si elimina il problema della manutenzione frequente e costante che il vecchio Echo richiedeva.

Era una grossa innovazione ingegneristica in quegli anni, ma oggi ci sono tecnologie diverse che rendono possibile raggiungere lo stesso obiettivo e riprodurre quella “magia” senza scendere a compromessi di affidabilità.

L’elevata qualità audio permette l’uso dell’Echosex anche in studio, dato che ormai la maggior parte delle apparecchiature in studio (spesso digitali) hanno necessità di alti livelli qualitativi per la connessione di dispositivi audio esterni.

Il tempo generale di ritardo viene esteso richiamando l’idea originale del Binson, ovvero simulando la modifica della velocità del motore che, se rallentato, aumentava il tempo necessario per percorrere la distanza fisica fra le varie testine.
Il tempo massimo è quindi di 740ms mantenendo inalterato il sincronismo delle combinazioni delle testine.

T7E totale | GIAMPAOLO NOTO

Il vecchio Binson, aveva testine fisse, quindi tempi di ritardo fissi che potevano però essere richiamati e combinati fra loro in modo diverso grazie al selettore a 12 posizioni “Switch”  in maniera molto intelligente e musicale.

Se una testina è considerata un ottavo, la testina precedente sarà equivalente all’ottavo puntato e questa sincronia è data proprio dalla scelta delle distanze fra le testine (quando posizionate correttamente).
Quindi, le prime due testine, da sole o accoppiate, saranno degli ottimi presets per le sonorità tipo Slapback Echo, country, surf, rockabilly.
Mentre la terza e la quarta, sono perfette per ottenere ritardi piu’ lunghi, perfetti per arpeggi, pattern ritmici, o per dare ambiente ai suoni lead, specialmente se allungati tramite l’adj motor.
I quattro led sul pannello si illuminano per fornire anche a livello visivo un riscontro di quale combinazione di testine è attiva.
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T7E testine 2 | GIAMPAOLO NOTO

Personalmente ho la versione “normale” dell’Echosex 2° e mi piace veramente molto il sound che riesco ad ottenere, molto caldo e con una pasta sonora incofondibile, che fa ricordare molto da vicino quella del vecchio Binson…
…a questo punto spero di poter provare questo Echosex 2° T7E prima possibile!

David Gilmour Live at Pompeii

E’ uscito in questi giorni “David Gilmour Live At Pompeii” disco e film del concerto evento che si è tenuto nell’anfiteatro di Pompei nel luglio 2016.

david gilmour live at pompeii | GIAMPAOLO NOTO

Questa non vuole essere una recensione del disco o del film, ce ne sono già diverse in rete e ben fatte, è piuttosto un ascolto commentato, con qualche considerazione in merito a quello che qui ci interessa di più, il suono.

Unica premessa che va fatta: sull’audio (del disco e del film) è stato fatto un notevole lavoro di post-produzione che in molti casi ha cambiato radicalmente, forse eccessivamente, il risultato finale rispetto a quello che si era sentito live.

Riguardo il setup di Gilmour è ovviamente lo stesso di tutto il tour Rattle That Lock e di cui abbiamo già parlato qui GUIDA AL SETUP – RATTLE THAT LOCK

pompeii 5am | GIAMPAOLO NOTO

Il concerto si apre sulle note di 5 AM e Gilmour si presenta con la Gibson Les Paul Gold Top ed un sound molto rotondo e pulito, appena sporcato dai P90.

Si passa velocemente a Rattle That Lock con la Fender Esquire “Workmate” e la band al gran completo che da un supporto notevole alla chitarra di Gilmour.

pompeii rtl | GIAMPAOLO NOTO

Il sound è quello tipico di questo disco (e del tour), con suoni asciutti e definiti in cui la Esquire fa bene il suo lavoro soprattutto in accoppiata con il Tube Driver.

A seguire Faces of Stone in cui Gilmour torna alla Black Strat con i suoni che ben conosciamo ed un solo a fine brano da pelle d’oca, particolarmente ispirato e preciso.

pompeii black | GIAMPAOLO NOTO

Con What Do You Want From Me si torna al periodo di The Division Bell, ma il sound è quello attuale, più secco e graffiante rispetto alle distorsioni anni 90; da notare che il solo iniziale e molti dei riff vengono eseguiti con pickup al manico.

A seguire The Blue brano tratto dall’album On An Island in cui Gilmour dà una (ennesima) dimostrazione di cosa si possa fare con un Whammy (e le sue mani!)

Si arriva così a The Great Gig In The Sky che molto ha fatto discutere per via dell’arrangiamento della parte vocale: personalmente credo che il lavoro fatto dai coristi sia notevole, ci sono armonizzazioni complicate eseguite in maniera impeccabile, tuttavia trattandosi di un brano speciale e unico, inevitabilmente il cambiamento lascia un po’ disorientati e perplessi.

Un breve saluto di Gilmour e si arriva a A Boat Lies Waiting brano intenso dedicato a Richard Wright, dopo una introduzione alla lap steel (Fender) un Gilmour visibilmente emozionato si alza e canta tutto il brano senza chitarra.

pompeii boat | GIAMPAOLO NOTO

Si torna all’antico con Wish You Were Here eseguita come da standard… con una menzione speciale per Chester Kamen che non si fa tradire dall’emozione sull’introduzione (come era capitato al suo collega) e dà un notevole contributo tra 12 corde e slide.

A seguire l’inmancabile Money con una parte centrale molto interessante in cui Gilmour accenna a riff e parti un po’ diverse da quelle solite, giocando con armonici e un bel sound rotondo e gonfio di muff.
Anche in questo caso una menzione particolare per Kamen e tutta la band che fanno un lavoro notevole.

pompeii money | GIAMPAOLO NOTO

Con In Any Tongue si torna ad uno dei brani di Rattle That Lock ed il solo finale è ancora una volta da brividi, con un sound aggressivo e graffiante e passaggi molto ispirati.

Il ronzare in sottofondo ed il suono della campana aprono sull’ultimo brano della prima parte High Hopes eseguita in modo impeccabile dalla band, con Gilmour che passa dal suono stupendo della Taylor NS74 (classica con corde in nylon) alla lap steel, in cui usando magistralmente il pedale volume ottiene un effetto sweel bellissimo, tornando poi a chiudere con il suono unico delle corde in nylon.

pompeii hh | GIAMPAOLO NOTO

Un saluto di Gilmour e si chiude la prima parte del concerto.

pompeii one pratt | GIAMPAOLO NOTO

La seconda parte del concerto si apre con Steve DiStanislao che fa ruotare la “wind machine” e Guy Pratt che entra prepotentemente con il suo basso carico di delay… ecco  One Of These Days con Gilmour che si diverte a suonare i piatti prima di spostarsi sulla lap steel (Jedson) con il tipico sound di questo brano.

pompeii one2 | GIAMPAOLO NOTO

Dopo la sbornia di One Of These Days torna il silenzio con le prime note di Shine On You Crazy Diamond (Part 1-5) suonate come da tradizione in piedi da Greg Phillinganes e la Black Strat torna a farsi sentire con il suo sound preciso e pulito, solo compressore e delay.
Per il Syd Theme la modulazione è quella del flanger e a seguire si aggiunge un tube driver per un leggero crunch.

Voce e chitarra con la Gibson Western 195 amplificata con pickup L.R. BAGGS M1 per Fat Old Sun e per il solo finale si torna alla Fender Esquire “Workmate”.

pompei fatoldsun | GIAMPAOLO NOTO

A seguire Coming Back To Life con la Black Strat che fa sentire tutta la bellezza del suo sound sull’intro ed un sound generale sul brano leggermente più freddo rispetto alle versioni più conosciute.

Si torna nuovamente all’album On An Island con la title track suonata in modo strepitoso dalla band ed in cui si rinnova il duetto con Chester Kamen, che funziona molto bene.
Il sound di Gilmour è potente e definito e richiama spesso nei riff alcuni passaggi della versione RAH.

Il coro iniziale ci riporta a Rattle That Lock con Today in cui risalta molto la band con un playing ed un sound veramente notevoli, mentre Gilmour torna all’accoppiata Fender Esquire e Tube Driver.

pompeii sorrow | GIAMPAOLO NOTO

Un lungo cupo suono di sottofondo su cui entra prepotente la Black Strat con un muff carico di sustain (ed una leggera modulazione) ed è subito Sorrow: stupenda, con una dinamica notevole ed arrangiamenti bellissimi; Gilmour sul solo finale si diverte… si vede e soprattutto si sente.

pompeii RLH glass | GIAMPAOLO NOTO

Occhiali da sole, delay e via per Run Like Hell con il duetto Gilmour-Pratt che è sempre un piacere da ascoltare, mentre in un continuo crescendo di suoni ed emozioni una valanga di luci riempe l’anfiteatro fino all’esplosione finale.
Senza parole.

pompeii RLH | GIAMPAOLO NOTO

Neanche il tempo di riprendere il fiato e arriva la sveglia di Time che dopo l’intro di rototom e ticchettio di basso si apre con un delay insolito sulla strofa, mentre il solo ha un sound bello deciso, acido e potente; si passa poi al reprise di Breathe con la sua tipica modulazione.

pompeii CN1 | GIAMPAOLO NOTO

Inizia il gran finale con Comfortably Numb cantata nella strofa in modo particolare e interessante da Chuck Leavell… strofa-ritornello, solo, strofa-ritornello e si arriva a quello che tutti aspettano, il solo finale: il sound è incisivo e con una modulazione molto presente, Gilmour sembra ben ispirato e inserisce qualche passaggio nuovo rispetto a quelli classici, una rete interminabile di laser lo circonda e fa da sfondo perfetto per il finale di un concerto memorabile… da brividi!

pompeii CN2 | GIAMPAOLO NOTO

Considerazioni finali.

Ci troviamo di fronte ad un concerto memorabile, che farà storia.
E questo è indiscutibile.

Parlando di suono, come ho già avuto modo di dire anche dopo aver avuto il piacere di assistere di persona ad una data del tour, il sound di Gilmour in questi concerti è notevole anche se (a mio gusto) a volte un po’ freddo e con una forte presenza delle frequenze medio-alte; le distorsioni sono meno gonfie e con un sustain meno esasperato, più orientate verso suoni crunch/drive, mentre tra le modulazioni il flanger la fa da padrone.
Per me il periodo di Live in Gdansk e Royal Albert Hall rimane il migliore sia come sound sia come arrangiamenti (almeno con riferimento al periodo post PF)

Ma, come ripeto, questo è innegabilmente un concerto che rimarrà storico.